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      - L'odio dei miei figli! Luisa, sei folle stasera? - E Giacomo sollevò la testa come trasognato...
      - Sì, sì - gittate finalmente l'argine prorompeva Luisa con traboccante passione - l'odio del vostro sangue: ecco le vostre creature che hanno fame, e voi non le sapete cibare di pane; eccole ignude, e voi non procacciate vestirle: di me non parlo. La casa, che già vi fu cara, adesso v'incresce; rado venite, torbido state, presto partite, e non vi prende pensiero alcuno di noi, che fra le angosce vi aspettammo intere notti invano...
      - Luisa! l'anima, che potrebbe forse sostenere le vostre strida, non regge allo spettacolo del muto dolore della mia famiglia: - io non posso sopportare la vista di tanta miseria. Sposa mia, vuoi attribuirmi a colpa la soverchia tenerezza?
      - Dite, Giacomo, la vostra lontananza profitta meglio ai figliuoli? Quando non vi veggono, piangono essi meno? La vostra assenza gli alimenta, li cuopre, li consola? Perchè lasciar me, povera donna, desolata, senza consiglio e senza soccorso? Non ci siamo congiunti per sollevarci scambievolmente? Perchè dunque voi fate portare la croce a me sola?
      - Luisa hai ragione; ma non troverà perdono presso di te la mia tenerezza, e, se vuoi ancora, la mia pusillanimità?
      - Uomo finto, e crudele... la tua tenerezza!... la tua pusillanimità! E dove consumi la pensione di tuo padre?
      - Ch'è questa furia? Non ti diss'io le mille volte, ch'ei me l'ha cessata, ed ora mi getta tre scudi, ora quattro come la elemosina al mendico importuno?


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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