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      Giacomo arrossì fino alla radice dei capelli, poi ridivenne pallido; all'ultimo disse con parole di amarezza:
      - Veramente, colei per amore della quale commisi un fallo... non dovrebbe così severa rimproverarmelo;... allora la passione per voi mi tolse il senno...
      - E adesso, che cosa vi toglie essa? - Insisteva sempre e più sempre la donna, improvvida a frenare l'animo acceso. - Giacomo inasprito duramente ordinava:
      - Tacete...
      - E se io non volessi tacere?...
      - Troverei modo a chiudervi la bocca - io - .
      - Tu troverai... oh! tu hai già trovato questo... Quando poniamo i nostri capi sul medesimo guanciale, chi sa quante volte hai pensato di farvi scomparire il mio!...
      - Luisa! -
      - Ora la serpe ha cacciato fuori il suo veleno. Uomo crudele! Non ti basta la vittima? Tu vuoi ch'essa taccia; non mandi un sospiro, che turbi la voluttà che senti della sua morte. Abbi almeno la cortesia degli antichi sagrificatori... incorona la tua vittima di fiori, e cuoprila di porpora...
      - Ma taci una volta, per amore del tuo Dio...
      - No... non voglio tacere io... no; io voglio parlare... voglio accusarti della tua empietà agli uomini e a Dio - traditore - mentitore... marrano.
      Lo sdegno fece ribollire la passione nel petto di Giacomo già inacerbito dalla sventura così, che, come acqua per soverchio calore ribocca impetuosa dagli orli del vaso, egli proruppe cieco e tremendo. Cacciò la mano convulsa sotto il farsetto; ma, come piacque alla fortuna, aveva perduto il pugnale: aggirandosi per la stanza frenetico gli capitò uno di quei stocchi lunghissimi, taglienti da quattro lati, che si chiamavano verduchi(51), e impugnatolo si gittò cieco di furore contro la moglie.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





Dio Dio Giacomo