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      La Pittura, toccato ch'ebbe con Raffaello il grado supremo della perfezione, decadde secondo il fato naturale di tutte le cose quaggiù. Però in talune la decadenza avviene inevitabilmente, imperciocchè abbiano perfettibilità definitiva; in tali altre, all'opposto, la decadenza è accidentale, essendo di perfettibilità indefinita. La poesia deve annoverarsi fra le seconde, la pittura fra le prime. La ragione poi della differenza parmi questa, che scopo della pittura essendo riprodurre in immagine gli oggetti, tanto più apparisce pregievole quanto meglio esattamente gli ritrae:
      Morti gli morti, i vivi parean vivi; Non vide me' di me chi vide il vero(57).
      Ma la poesia si feconda non solo dalla percezione fisica degli obietti, sibbene ancora da argomenti del pensiero, e dagl'impeti della passione. Irradiando gli occhi, il cuore e lo intelletto con iride perpetuamente screziata di moltiplici colori, fa sì che sempre varii e sempre inesausti si diffondano i suoni della lira immortale. Raffaello sta come Signore della Pittura, nè per ora alcuno seppe superarlo, e forse nol supererà giammai, essendo singolare la via che conduce a cotesta eccellenza. Molti poi scintillano astri maggiori del canto, però che i pellegrini intelletti nello sterminato firmamento della poesia possano percorrere il volo che il genio loro consiglia, e le ali sopportano.
      Io non mi tratterrò a descrivere lo incanto, che nasceva dal profumo dei fiori e dallo sfolgorare dei torchi di cera bianca fitti su candelabri di argento ripercosso le miriadi di volte per gli specchi, pei vassoi, bacili, boccali, urne, vasi, statuette, grotteschi, e argenterie d'infinite ragioni ammirande per dovizia, e per lavoro stupende.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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