Pagina (167/814)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Beatrice vestiva a scorruccio. S'ella non avesse indossato cotesto abito a modo di protesta contra la gioia paurosa del convito paterno, sariasi sospettato che lo avesse fatto con accorgimento donnesco; tanto egli giovava a dare risalto al candore maraviglioso della sua pelle. Per tutto ornamento ella portava intrecciata nelle chiome bionde una rosa appassita, simbolo pur troppo degl'imminenti suoi fati.
      - Benvenuti nobili parenti, ed amici: benvenuti eminentissimi Cardinali, colonne di santa madre chiesa, e splendore urbis et orbis. Se il cielo mi desse cento lingue di bronzo e cento petti di ferro, come invocava Omero, non li crederei bastanti a rendervi grazie per l'onore, che vi degnate compartire con la vostra presenza alla mia famiglia.
      - Conte Cènci, la vostra inclita casa si trova così in alto locata, che davvero non abbisogna di altri raggi per isplendere lucidissima stella in questo cielo romano - rispondeva, giusta il costume dei tempi, concettosamente il signor Curzio Colonna.
      - Voi, nel tesoro della vostra benevolenza, mi procedete parziale oltre il dovere, onorandissimo don Curzio: comunque sia, gran mercè dello amor vostro. Io, Signori miei, vi era quasi diventato straniero: temeva che il mio apparirvi dinanzi vi spaventasse, come di uomo tornato dall'antro di Trofonio; ma che volete? Me rodeva una immensa tristezza... l'iniquo male! Ed io, che provo com'egli trapani le viscere, l'ho portato sempre studiosamente chiuso nel petto, per tema che mi avvenisse come a Pandora quando aperse incautamente il vaso, e versò, senza volerlo, sul mondo la famiglia infinita dei malanni.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





Cardinali Omero Cènci Curzio Colonna Curzio Trofonio Pandora