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      - Hai tu inteso un lamento? - interrogò il Conte.
      - Lamento!
      - Sì, come di anima in pena...
      - Mi è parso... cigolìo di vento, che fa molinello in questi sotterranei...
      - No... no... sono lamenti... perchè qui dentro tenne prigione il mio avo un suo nemico, e ve lo fece morire di fame. Indi in poi è voce, che nei sotterranei si veggano spettri; ed io ci credo...
      - Domine aiutami! Io per me non entrerei qua dentro nè anche con l'Agnus Dei in tasca.
      - E tu faresti bene. Apri quell'uscio, là... a destra... il terzo... cotesto... va bene.
      - Marzio lo aperse, e il Conte vi cacciò dentro Beatrice con una impetuosissima spinta.
      - Va' maledetta, tu proverai adesso di che sappia il pane della penitenza, e l'acqua del dolore.
      Beatrice spinta dall'urto precipitò sul pavimento; nè tanto potè la misera aiutarsi con le braccia, che non desse con la bocca sopra un sasso sporgente, facendosi nuova ferita su le labbra: vinta dallo spasimo, svenne. Quando l'anima della desolata tornò agli uffici consueti della vita si alzò da terra; si trovò sola, in mezzo alle tenebre; onde sostenendo il corpo alla parete, meditò:
      - Fatale! fatale! Dio mi ha abbandonata. Vivente alcuno non ardisce, o può aitarmi; - alcuno. Il destino mi rovina addosso come la volta di San Pietro. Oh! troppo vento adunato per rompere una canna; e poichè tuoi sono, o Signore, i furori della tempesta, non mi condannerai se al suo impeto io mi sono prostrata. - Guido... ahimè! anch'egli adesso sarà morto di certo... adesso ragionerà di me con Virgilio.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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