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      Marzio s'impadronì destramente delle altre chiavi, chè quella del carcere di Beatrice aveva sottratto mentre il Conte dormiva, e ritornò nel sotterraneo.
      - Signora Beatrice, tostochè la vide Marzio disse amaramente, ecco i doni che vi manda vostro padre; e levata la lanterna contemplò quella angelica sembianza insanguinata. Compresse un ruggito di sdegno, e quanto seppe meglio amorevole soggiunse: - venite qua - permettete che vi lavi il volto ... vi faccio male? - Intanto le andava astergendo le ferite, le medicava con la terra sigillata, e gliele fasciava. Ahi! Dio, di tratto in tratto ripeteva, vedi tu queste empietà? E se le vedi, come puoi patirle?
      Compita l'opera, Marzio riprese a dire:
      - Fanciulla mia, eccovi i doni che vi manda colui, che chiamate vostro padre - pane ed acqua; io, contro il suo espresso divieto, vi ho aggiunto altri cibi; ma io davvero non so confortarvi a prolungare una vita, che supera ogni più crudele supplizio; - e quello che maggiormente mi trapassa il cuore è, che da ora in poi io non potrò giovarvi più in nulla, perchè - e qui la voce gli diventava fioca - oggi ho deliberato lasciare casa vostra.
      - Beatrice declinò il capo come persona tanto sazia di affanno, che ormai, se sente, non sa più lagnarsi dello strale di nuovi dolori.
      - Guido è morto, e tu mi abbandoni?
      - E chi vi ha detto, che monsignor Guido sia morto?
      - Vivrebbe forse?
      - Vive, e sano e salvo.
      Beatrice piegò la faccia sopra la spalla di Marzio; ve la tenne lungamente, poi sommessa gli disse:


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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