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      - Ho fame!...
      - Per la morte di Dio! - esclamò don Francesco, ostentando una baldanza che era lontana dall'animo suo, - che cosa ho a darti io? - -E scorto in un angolo della caverna certo fascio di paglia, lo spinse presso a cotesta belva dicendo:
      - Prendi, divora...
      E lo spettro divorò anche la paglia. Terminata che l'ebbe, tese come prima la orribile faccia verso il conte, urlando a bocca aperta:
      - Ho fame!...
      - Io non ho altro a darti... mangiati il cuore...
      - Ho fame!... ho fame!... non il mio cuore, ma la tua carne io mangerò, cane, che mi hai fatto morire di fame...
      E infuriando come belva rovescia tavola e lumi, e si avventa alla vita del conte: questi provò svincolarsi; sennonchè, sbattuto giù come sasso da forza irresistibile, si sentì mordere di rabbia sopra la spalla manca. Don Francesco, quantunque fieramente commosso, e rifinito dal digiuno, non per questo si abbandonava, chè il pensiero di rimanere divorato da cotesto cannibale gl'infondeva nei muscoli forza tetanica. Si rotolavano entrambi per terra mordendosi a vicenda, e ingegnandosi di stringersi alla gola: di tratto in tratto cacciavano urli disperati; si laceravano co' denti; si sgraffiavano con le ugne; si pestavano a pugni; l'anelito usciva fumoso dalle narici e dalla bocca; il cuore, tremante per tremendo palpito, minacciava scoppiare loro nel petto... orribile lotta era quella!
      Ma la potestà non corrispondendo al volere, ormai il Conte stava per perdere conoscenza: radi, e compressi gli uscivano dalla gola i sospiri: negli estremi sforzi si dibatteva, quando fu udito strepito di catene, ed una voce che gridava:


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





Dio Francesco Francesco Conte