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      - Mi piace di non giungere nuovo fra questi gentiluomini.
      - Don Marzio, disse il biscazziere strisciandogli intorno a guisa di biacco, vuoi tu posare il tuo tabarro? In fè di Dio merita bene che tu gli abbia riguardo, perchè mi ha l'aria di una donazione causa mortis di qualche principe, marchese, - o per lo meno, conte.
      Marzio guardò Olimpio una seconda volta, ma questi si rimase immobile. Marzio allora depose di buona grazia il mantello, e si assettò al giuoco. Siccome anch'egli andava esperto delle male arti dei giuocatori, e stava su l'avvisato, così la fu guerra tra corsale e pirata, dove non corrono altro che i barili vuoti. I giuocatori, avvezzi alle facili vittorie sopra Olimpio, per questa volta a mala pena poterono rimettere la spada nel fodero. Rimasto spazio convenevole di tempo, Marzio sentendosi più del solito in quella sera travagliato dalla tosse, che gli si era da parecchi mesi cacciata addosso, profferendosi che in seguito avrebbe frequentato la bisca, riprese il tabarro e andò via, lasciando Olimpio deluso nella sua aspettativa di essere pregato da un punto all'altro a fare la pace, ed accettare una quarantina di ducati per cotesta sera. - Marzio, considerando la bestiale rozzezza di costui, se n'era adontato, ed aveva risoluto risparmiarsi la mortificazione di blandirlo; andare a casa, e, fatto baule, scansarsi la mattina su l'alba da Napoli.
      Olimpio quanto stette duro finchè sperò venire ricercato di pace, altrettanto cadde avvilito adesso che si vedeva negletto; per la qual cosa uscì con presti passi fuori della bisca, affrettandosi a raggiungere Marzio.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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