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      Nè il biscazziere tenne i piedi in casa, e si cacciò dietro a costoro imitando il moto che fanno i corvi tarpati, i quali saltellano, saltellano di scancìo; poi ad un tratto si fermano, voltando il capo sospettosi di qua e di là, per tornare a saltellare a sghimbescio.
      Marzio sentendosi camminare alle spalle con passi accelerati pose la mano sotto il farsetto afferrando il pugnale, e soffermandosi allo improvviso, con alta voce interrogò:
      - Chi va là?
      - Sono io, Marzio, non abbiate sospetto; non vi ho mica raggiunto a fine di male!
      - O di male, o di bene, poco m'importa. Insomma, che cosa volete da me?
      - Non v'incollerite; andiamo oltre, se vi piace, che ragioneremo a bello agio.
      E proseguirono la via. Il biscazziere anch'egli, saltellando, si trasse innanzi.
      - Ma vi par egli, incominciò Olimpio, che sia tratto da buoni compagni lasciarmi senza un baiocco da far cantare un cieco? Mi avete salvato da morire di fame per farmi poi morire di sete?
      - Olimpio vi ho detto le mille volte, che quando vi piace veniate a casa mia chè il mangiare e il bere non mancano; ma che vogliate dar fondo anche ai miei pochi danari in vino, in giuochi, e in altri, che io non vuo' dire, più brutti vizii; questo è quello che io non vi consentirò mai. La vostra parte voi l'avete riscossa; io vi ho reso i conti, e vi ho mostrato, che io sono in credito meglio che di duegento ducati; nè voi lo avete potuto negare. Ora, qual diritto pretendete sopra i miei danari?
      - Voi mi avete insegnato, che la mancanza di diritto pei banditi e pei soldati, ed anche pei grandi signori, non è buona ragione ond'essi si astengano, quando capita, da prendere la roba altrui.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





Marzio Olimpio