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      - A vedere quel tristo ceffo e maligno a cotesta ora, al raggio obliquo della lampada sopra il moribondo, lo avresti detto il diavolo che stesse al varco per acciuffargli l'anima, e portarsela seco nello inferno.
      Olimpio apre a fatica gli occhi gravi per morte, e, vista la faccia del biscazziere, gli richiude gemendo. Il biscazziere instava:
      - Vendetta! Vendetta! - Se vuoi vendicarti, e lo vorrai certo, di don Marzio, svela a me ogni cosa, che io sono sviscerato del bargello; e prima che la tua anima sia arrivata (-qui si trattenne alcun poco, perchè gli veniva aggiunto naturalmente - allo inferno; - e sostituire paradiso non gli pareva che andasse a dovere: per la qual cosa si tolse d'imbarazzo con un mezzo termine, a modo dei diplomatici - )sia arrivata di là, ti sentirai l'anima di Marzio dietro le spalle.
      Olimpio non vedeva più, ma sentiva ancora; sicchè acquistando un cotal poco di senso comune, nel punto in cui stava per separarsene eternamente conobbe il mal fatto, e si persuase della ragione di Marzio: mosse le labbra, e mormorò alcune sommesse parole. - Il biscazziere in ginocchioni, curvo, con ambe le mani appuntellate sopra il selciato della via, accosta avidamente l'orecchio alla bocca del moribondo per sentire i suoi detti. Invero egli potè ascoltarli, e furono questi:
      - Brutto... Giuda... Scariotte.
      Intanto il biscazziere, per la gran voglia di udire, aveva insinuato la estremità dell'orecchio fra i denti di Olimpio, che stringendoli senza sforzo potè mordergliela. Olimpio spirò, il biscazziere gridò; ed entrambi rimasero in atto, quegli di confidare, questi di accogliere un segreto.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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