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      Donna Carmina si gettò ai piedi dello inesorabile, supplicando con molte lagrime la grazia della gatta diletta; il giudice parve commuoversi, e rispose "vedremo"; di che racconsolata la donna, pensò poter vivere sicura. Ahi! sicurezza funesta. Un bel giorno levandosi da letto, la prima cosa che le si parò davanti agli occhi fu la gatta impiccata. Quantunque ella avesse l'anima e la vita assuefatte a spettacoli quotidiani di orrore, non resse a quello; ed irrompendo insana con furiosissima ira, empì di ululati la casa e la contrada; di atroci contumelie lacerò il consorte. Per colmo d'ingiuria, quando armata di coltello si fece a tagliare lo infame capestro, e riscossa la salma diletta dal patibolo comporla in sepoltura onorata, il giudice le si oppose risolutamente dicendo, che non si aveva a disturbare l'amministrazione della giustizia: rispettasse costei la veneranda maestà delle leggi; a quello che si attentava commettere ella avvertisse due volte, chè egli voleva, e sapeva adempire il suo dovere: fellonìa espressa essere il levare di su la forca lo impiccato; e ricordasse per suo governo, che chi spicca lo impiccato, lo impiccato impicca lui. Figuratevi come gli animi s'invelenissero! Gli antichi dolci appellativi mutaronsi in orrende minacce, e dalle male parole trascorsero in peggiori fatti: nè il Vicario uscì lieto dalla baruffa, che riportò il capo pelato, e la faccia in parte graffiata, in parte pesta. I vicini accorsi li separarono un po' con le parole, e un po' co' manichi delle granate; anzi più con questi, che con quelle; quindi fecero prova di ritornarli in concordia, e crederono esservi riusciti.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





Carmina Vicario