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      I carbonari stavano da tempo immemorabile legati co' banditi della campagna, e li servivano da fattori nelle città: taluni di loro esercitavano a un punto i due mestieri. La roba rapita trasportavano in città, e quivi gli argenti struggevano, e per interposte persone mandavano al conio: le merci affidavano a certi loro amici mercadanti di Civitavecchia e di Ancona, i quali soprammare le spedivano a Napoli, a Venezia, o in Levante; onde accadde talora che un gentiluomo veneziano ritrovasse presso qualche rigattiere del regno il suo mantello smarrito nella campagna romana, e un barone napolitano si vedesse servito alle locande di Verona o di Padova co' suoi pannilini, perduti passando per Terracina. Parecchi in questi onesti traffici avevano avanzato assai, e se ne sussurrava palesemente; ma la corte non li sapeva cogliere in fallo, e gli arricchiti non ne scemavano punto di credito; anzi in virtù del bene acquistato danaro procacciavano ai proprii figli illustri parentadi, e cariche insigni, ed onorificenze. I cittadini ne mormoravano otto giorni o dieci, non mica per istudio di virtù, bensì per astio di non poter fare altrettanto; poi tacevano; e quando incontravano di questa razza nobili erano i primi a scappucciarsi, e a chiamarli Eccellenze. I nobili antichi in palese ostentavano spregiarli; in segreto gli accarezzavano, e ne accattavano danaro: e così a quei tempi remotissimi camminavano le cose di questo mondo. Oggi poi la faccenda è diversa:
     
      E s'egli è vero, il fatto nol nasconde.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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