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      - Non fa prova di verità la tortura? - proruppe furibondo il Luciani, incapace di contenersi più oltre; e levatosi mezzo da sedere, appoggiava le mani sopra i bracciuoli della sedia sostenendo il corpo tremante. Se avessero calunniato l'onore della consorte e delle figliuole sue non sarebbe salito a tanto furore. - Non fa prova di verità la tortura, che i giureconsulti tutti, nemine nemine discrepante, predicano la regina delle prove? Te ne avvedrai fra poco se la tortura abbia virtù di far confessare il vero...
      Beatrice scosse il capo, come un mal vento glielo avesse bruttato di polvere, e continuò:
      - Donna Lucrezia, già attempata, pingue, nudrita nelle delicature di poco animo, non prevedendo il male futuro, in grazia di sottrarsi al male presente si è condotta di leggieri a confessare il falso. Con Bernardino fanciullo non faceva mestieri tormento; per indurlo a confessare quanto da lui si voleva bastava un po' di treggèa. Giacomo poi da lungo tempo sente fastidio della vita; ed altre volte ha tentato gettarla, come peso troppo grave per lui. Tali sono quelli che provaste con la tortura, e presumete avere scoperto il vero?
      - Non tutti questi furono i vostri compiici, soggiunse il Moscati. Altri pure confessò.
      - Chi dunque?
      - Marzio.
      - Ebbene; mi venga Marzio davanti, e vediamo un po' se ardisce sostenermelo in faccia. Quantunque io debba credere l'uomo capace delle più orribili cose, se da me non lo sento ricuso prestar fede a tanta iniquità.
      - Ebbene; chiaritelo da per voi stessa.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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