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      Allora i cardinali Sforza e Barberini, conoscendo dove il falco aveva a cascare, intenti a tenerlo a loro agio sul vergone, si mostrarono ignari; sicchè al Cinzio fu di mestieri favellare più aperto. Eglino affettando di entrare a malincuore sopra un discorso che avevano concertato di già, ed imparato a mente, ribadirono il chiodo già fitto dal Farinaccio, aggiungendo parecchie altre invenzioni di loro, le quali, essi dicevano, palesano come temerarii sieno i pubblici giudizii, e inducono la necessità, pel decoro del pontificato, di smentirli solennemente; molto più che correvano tempi calamitosi per la Chiesa, e gli Eretici, non pure in Francia ma nella Italia eziandio, stavano al varco per accogliere ed accreditare siffatte calunnie.
      Molti furono i ragionari tenuti in proposito infra cotesti porporati, che qui non importa referire. Basti sapere che il Barberini e lo Sforza si destreggiarono in guisa, che lasciarono il cardinal Passero pensoso, e persuaso della necessità di dovere abbondare in larghezze intorno alla difesa dei Cènci; conciossiachè da queste oggimai confidava raccogliere più largo frutto, che non dalle asperità. Ne conferiva pertanto col Papa, che di leggieri indusse nella medesima sentenza; e il Farinaccio, con mille carezze blandito, ebbe la soddisfazione di sentirsi dire proprio dalla bocca dei cardinali nepoti Pietro Aldobrandino e Cinzio Passero, che a riguardo suo concedevasi quanto aveva supplicato. Da questo primo vantaggio il Farinaccio ricavava ottimo augurio, e n'esultava.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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