Pagina (596/814)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      E questa era piaggeria così patente, e soverchia, che pareva non dovesse essere atta a vincere cotesti uomini, rotti alla pratica del mondo. E pure non fu così; se la bevvero bravamente, disposti ormai di secondare il collega a tutta lor possa: e ciò perchè, come altre volte notammo, uomini, pesci, ed uccelli da Adamo in poi si chiappano con le medesime reti, e non se ne accorgono: ed ormai penso che non sieno per accorgersene più.
      Il Farinaccio pose fine a tutte coteste faccende mentr'era la notte inoltrata, e veramente per quel giorno egli aveva operato abbastanza: un altro se ne sarebbe andato a rifare le forze col sonno; ma egli s'incamminò a trovare i suoi compagnacci, che lo accolsero a braccia aperte, e il pensiero dei Cènci rimase annegato nel giuoco e nel vino.
      Ma alla dimane, appena il Farinaccio ebbe aperti gli occhi trovò cotesto pensiero sul capezzale del letto; e posto in disparte ogni altro affare, impegnò la sua cura esclusiva alla causa dei Cènci. Abbigliatosi in fretta, si trovò alle carceri di Corte Savella giusta in quel punto che ne aprivano le porte.
      Il Farinaccio, familiare di cotesti luoghi, non è a dire se incontrasse lieti aspetti; molto più che, come prigione o come visitatore, da gran tempo aveva ammansito i cerberi di quello inferno, e li teneva quotidianamente bene edificati. Per ogni evento veniva munito di un permesso di monsignore Taverna governatore di Roma, il quale esibì al soprastante, e questi ricusò (dopo averlo sbirciato di traverso, e ottimamente riconosciuto) allegando che faceva troppa stima del clarissimo signore avvocato per desiderare altra prova, che la sua onorata parola.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





Adamo Farinaccio Cènci Farinaccio Cènci Corte Savella Farinaccio Taverna Roma