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      Vecchio essere il Conte Cènci, ed ormai giunto con gli anni a quella estrema parte della vita, dove ogni lieve spinta precipita nel sepolcro; laonde dovrebbe estimarsi non solo empio, ma folle Giacomo Cènci, se con tanta scelleraggine e tanto suo pericolo avesse affrettato quel caso, che in breve con sicurezza, e senza rimorso gli avrebbe procurato la natura. Or come è verosimile questo, che il figlio si mostrasse pazientissimo ad aspettare allorquando il padre era lieto di prosperevole salute, ed entrava in verde vecchiezza, e fosse poi intollerante d'indugio allorchè quegli diventa decrepito e malescio? Don Giacomo, alieno da lussuriosi sollazzi, dai vizii che contaminano il mondo aborrente, incolpevole gentiluomo, buon marito, buon padre, come allo improvviso svela così efferata indole, che vince ogni belva più cruda? Come, nato appena al delitto, doventa gigante, e con un passo solo ne percorre intera la carriera, che i più perversi non toccano che con i passi ultimi? Questo non consente la natura; e tutto quello che si oppone alle leggi eterne del vero o devesi addirittura rigettare, o per lo meno ammettersi con molta difficoltà. E qui, riprendendo con più veemenza l'avvocato, io considero, diceva, nell'amaritudine dell'animo mio seguitarsi una ragione affatto contraria, la colpa; e le circostanze della colpa quanto più procedono opposte al discorso naturale, tanto più volentieri si accettano; quanto più avverse allo regole della umanità e del diritto, tanto più facilmente si accolgono.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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