Pagina (664/814)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Quando il destino mette in moto la ruota dello infortunio a frantumare la umana creatura, o che cosa è l'uomo per presumere di porsi tra mezzo la macina e il macinato? Lo ufficio supremo ed unico, che rimanga allo amico dello sventurato, consiste nello applicare un bacio su le commessure della lapide sepolcrale come il suggello di una epistola finita. Il Signore, che vede cotesto atto, romperà fra breve quel suggello, e riparerà nella pace eterna il superstite inconsolabile.
      Ma Guido ormai penetrò nella prigione di Beatrice. Se un Dio o un demonio lo abbia spinto, egli non attese, nè sa. Vedere volle Beatrice, e la vede adesso: ogni altro ignora; e adesso sente eziandio che stringerebbe volentieri la mano della fanciulla, dove le fosse stesa, quando anco in quel punto cadendo una scure le recidesse, così intrecciate, ambedue. - Sente che vorrebbe la sua testa posata accanto alla testa di lei, le sue labbra incollate alle sue labbra, fosse pure giù dentro la cesta che raccoglie i capi mozzi dal carnefice. Ed ella quando, gittato il cappuccio sopra le spalle, avrà riconosciuto colui che fu prima radice di ogni suo male, come sosterrà il suo sguardo? Quali parole profferirà?
      Guido si leva in piedi, muta alcuni passi vacillando; poi sta, e piange. La fanciulla udiva scenderle sopra l'anima quelle lacrime, soavi come il pianto della sua genitrice.
      - Chi è che piange? - ella disse; - io non avrei creduto che in questo luogo si chiudessero anime più desolate della mia.
      E guardando il cielo sospirò mestamente.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





Guido Beatrice Dio Beatrice