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      - Ah! - rispose Beatrice sospirando, - eppure io avrei non voluto dimenticare l'amor mio, - quantunque pieno di affanni...
      Allora riprese a pregare fervorosamente Dio; e il frate accanto lo supplicava tacito, affinchè su quella cara innocente non facesse mai venir meno la costanza.
      Un confortatore essendosi in quel punto affacciato sopra la soglia della carcere, chiamò col cenno il frate e gli sussurrò a voce bassa una parola; questi avendola raccolta tornava presso alla Beatrice, e sì le diceva:
      - Figlia, se desideraste trovarvi insieme con la vostra signora madre vi sarebbe concesso.
      - Venga... oh! venga, povera signora madre,... ci consoleremo insieme.
     
     
     
     
      CAPITOLO XXVII.
     
      LE VESTI.
     
      Mi vestirai di quella veste nera,
      Ch'io stessa di mia mano ho trapuntita.
      GROSSI, Ildegonda.
     
      Le parole hanno un confine, e più angusto di assai che altri non immagina: la penna non è, come pensano, il miglior conduttore della elettricità dell'anima. Quante sensazioni, scintillate potentissime dal cuore, vanno a morire languide sopra la carta! La carta sovente è il lenzuolo sepolcrale dei pensieri: però io non descrivo la ebbrezza dello amplesso di Beatrice con la matrigna Petroni, non l'amaritudine di toccarsi guancia con guancia, bocca con bocca, e sopra i volti confondere le mutue lacrime.
      Si gittarono bramose le braccia al collo: - ahimè, le catene impedirono di stringerselo liberamente. Tralascio i singhiozzi convulsi, le parole desolate, i sospiri lunghi di fuoco; - tanto mi avanza a raccontare di queste miserie tuttavia, che a pur pensarvi l'anima affaticata trema.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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