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      Guido sopra il suo focoso cavallo queste cose vedeva, e sentiva struggersi l'anima dentro nella esitanza del fine. Ecco i suoi compagni procedendo si accostano a Beatrice; ecco l'ultimo ostacolo è remosso: ora la prendono... l'hanno presa, la sollevano, la traggono via. Ella è salva. Il popolo scoppia in immenso grido di gioia; anch'egli fa spalla ai rapitori; e se nei proprii moti non s'invescasse, gli sovverebbe con più fruttuosi conati.
      Guido non si potendo padroneggiare stende le braccia, quasi intendesse accertare lo spazio che lui separa dalla sua Beatrice. Come ventura volle, nella smaniosa movenza della persona stretta la gamba destra venne a ferire dello sprone il polledro, che, già da tanto trambusto spaventato, sbuffa feroce; e come se questo non bastasse a concitarlo, allo improvviso davanti a lui si scoscende fragoroso un palco, dove i casi lamentati poco anzi si rinnuovarono. Il polledro allora invaso da rabbia irrefrenabile, sciolto dalle redini, si avventa come fulmine; e rompendo la calca col petto, mordendola e calpestandola, trasporta seco in sua balìa il misero amante.
      Malgrado simile infortunio i compagni di Guido avrebbero condotto in salvo la Beatrice, avvegnachè non fossero gente da smarrirsi, e, impadronitisi della prima carrozza fosse loro capitata davanti, avrebbero fatto prova di trasportarla con quella: ma lo intoppo venne da altra parte, essendo stato fatale per Beatrice che lo affetto degli uomini le nuocesse più, e peggio dell'odio.
      Il popolo, arricciandosi come l'acqua che rompa nei frangenti, storna impetuoso, rincalzato da una squadra di armati distinti col tassello bianco su la berretta: anche questi dicevano davvero, dacchè menassero fendenti da recidere teste, o punte da traforare parte parte chiunque fosse stato tardo a cansarli.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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