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      Egli pose la mano sul capo al fratello, e, voltata la faccia verso Banchi, a voce alta esclamò:
      - Io per l'ultima volta protesto, don Bernardino mio fratello essere incolpevole di tutto misfatto; e s'egli confessò altramente, ciò fece per forza delle torture. Pregate per me.
      Il carnefice gli lega le gambe ad uno anello fitto nello intavolato; gli benda gli occhi, e presa la mazzuola a mani sciolte gliela vibra nella tempia sinistra. Egli stramazza di un tratto come bove al macello. Il boia raddoppia altri sei colpi pel petto, e pel tergo del caduto. Le ossa stritolandosi stridono: schizzano dintorno sangue, lacerti di carne, e frantumi di costole: poi il boia si curva, e gli pone sotto il collo la mazza, sopra la fronte un piede, sopra il seno un ginocchio, e gli sbarra la pancia, dove, tuffando il braccio fino al gomito, lo ritrae imbrattato di sangue, con le viscere fumanti del giustiziato in mano, le quali mostrò al popolo urlando:
      - Questa è la corata di Giacomo Cènci.
      E la gittò in un canto; poi a colpi di accetta lo squartò. Uno sprillo di quella onda di sangue, che allagava il palco, e gorgogliando grondava giù da più lati, zampillò su la faccia a Bernardino, cui quel tepido lavacro partecipò tanto di conoscenza quanto bastasse a comprendere il truce scempio fraterno.
      E svenne per la quarta volta.
      Ora poi il popolo credè morto anco lui. Condottolo subito in prigione, a grande stento lo riebbero; ma svagellando del continuo, e travagliato da grossissima febbre. Per molti giorni giacque della vita in forse, finchè, in virtù dell'assistenza dei meglio celebrati fisici di Roma, dopo molti mesi di malattia scampò.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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