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      Vergognando pertanto che per mesi taccia l'alto tuo nome in fronte dei miei scritti, riparo alla colpa diuturna intitolandoti queste povere cose. Avrei desiderato poterti offrire opera più degna di te; ma a non indugiare mi persuadono gli anni declinanti, e la paura che la pratica lunga d'ignobile mestiere non insalvatichisca affatto il mio ingegno. Abbiti in voto i brani di un'anima redenti dalle bassezze del Foro, come in Arcadia i Pastori solevano consacrare a Pale le reliquie dello agnello salvale dalle fauci del lupo!
      Nel salutarti la migliore coscienza di questa nostra patria italiana, io per necessità ho inteso darti ancora la lode del maggiore senno italiano; conciossiachè io creda fermamente essere l'alta intelligenza uno spirito fecondato dalla fiamma del cuore; e quando il cuore diventa un tempio della Divinità, di rado avviene che le Muse sue compagne dal giorno della creazione non iscendano ad albergarvi con essa.
      Tu poi accogli con lieta fronte queste parole, perchè liberamente favellate a libero uomo: e la lode, quantunque profferita da labbra terrestri, ove sincera, affermano i poeti che giunge gradita anche alle orecchie degl'Immortali.
      Tuo amicoF.-D. GUERRAZZI
      Giugno 1847.
     
     
     
     
      PREFAZIONE.
     
      Non fu la carità del natio loco quella che m'indusse a raccogliere queste foglie morte innestandovene alcune fresche, per allontanarne per quanto fosse possibile l'aria di funerale. Meglio sarebbe stato consacrarle a Vulcano!... Però considerando come la Italia sia tanto dalle sue antiche glorie scaduta, che spenti ormai o prossimi a spegnersi i suoi famosi scrittori, abbia bisogno annoverare uomini, quale io mi sono, tra i suoi fregi letterari, e così ostentare vetri per gemme, e orpello per oro, non volli che altri mi togliesse subietto di speculazione mio malgrado.


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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1847 pagine 469

   





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