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      Senza tabarro, senza cappello, Ciapo vola alla chiesa di Santo Ambrogio pel prete; e il prete col Viatico, l'Olio santo, e la lanterna, gli tenne dietro correndo.
      Il curato alza l'estremo lembo della coltre, accosta il rovescio della mano ai piedi del giacente, e li sentendo gelati sporge in fuori il labbro inferiore con tale un garbo, che poteva tradursi così: - questo è un negozio finito.
      Allora vestì il roccetto, e si adattò la stola, dispose tutti i suoi arnesi, e prima dì cominciare gli uffici del suo ministero prese la lanterna, lo guardò bene nel volto, e vide come travagliasse il giacente quel moto convulso che attenua la gola, e scompone i muscoli del mento e dei labbri: - segno certissimo dell'agonia.
      Gli è il male di gocciola,
      disse volgendosi ai circostanti, "ma di quello pretto davvero." - E poi curvatosi verso l'orecchio destro del moribondo: - "Signor Giustino," prese a gridare con voce piena, "o signor Giustino, la mi sente? la mi riconosce? la mi stringa la mano se mi ravvisa... via! - E' non v'è tempo da perdere..."
      E gli amministrò la estrema Unzione.
      Finite le preghiere in latino, riprese il curato a gridargli all'orecchio in italiano:
      Gesù, Giuseppe e Maria, vi raccomando l'anima mia; - ma lo dica, signor Giustino, lo dica di cuore.
      E Giustino mandò dalle fauci un suono roco, e spirò.
      Povero signor Giustino... è passato.
      La Caterina sempre pallida, e immobile.
      Ciapo appoggiato ad una delle colonne del letto, tutto chiuso nei suoi pensieri, non dava ascolto.
     
     
      VI.
     
      Bartolommeo Canacci, figlio della prima moglie del defunto Giustino, aveva in quella sera fatto le sue solite prove alla osteria: si era inebriato, aveva giuocato e perduto, e alla fine, venuto a contesa co' compagni, era successa una molto fiera baruffa, dove rovesciati i lumi, mandate sottosopra tavole e panche, infranti boccali e bicchieri, si erano dati in quel buio busse da indemoniati, per cui chi ne aveva riportata la testa rotta, chi la faccia pesta; e chi più chi meno, comparivano tutti malconci.


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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1847 pagine 469

   





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