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      Perlustrato dello sguardo lo interno della osteria, gli occorse in un canto Bartolommeo Canacci, il quale con un mazzo di carte fra le mani stava giuocando da sè alla bassetta. Allora comparve la intera persona dell'affacciato alla impannata: - quasi gigante, avvolto fino al mento in larghissimo mantello, s'incammina alla volta del Canacci, e gli giunge accanto in quella ch'egli esclamava:
      Ahi! sorte ladra: io mi butterei via, - mi sbattezzerei: - ora che giuoco da me non perdo mai...
      L'incognito lascia con tutto il peso del corpo cadersi sopra la panca, e forte battendo con la mano aperta sopra la tavola, grida:
      Oste! - Vino...
      Baccio dette un balzo tale, che per poco non cadde riverso: carte, stoviglie, e gli altri arnesi saltarono all'aria; l'oste solo sprofondato nei misteri dell'arte non si mosse dal camino, e persuaso ch'e' fosse un povero avventore, senza piegar collo nè mutar costa, rispose:
      Da quanto? da due soldi il boccale?
      Senza fede! - serba il tuo aceto per la settimana santa, sozzo can rinnegato, e a me porta del vino, - e del meglio; - hai capito?
      I' ci ho del Chianti, del Pomino, dell'Artimino, del Carmignano, e del vin Santo,
      riprese l'oste diplomatico tutto di un fiato, fingendo non avere inteso del discorso dello incognito tutte quelle parti che non gli tornavano, "dell'aleatico poi da resuscitare un morto..."
      Del meglio, ciarliero, - e basta.
      L'oste recò un bicchiere, e un fiasco panciuto e vermiglio che sembrava un senatore.
      Ch'è questo? Un bicchiere solo? Il gentiluomo per avventura non beve?


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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1847 pagine 469

   





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