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      Sia così, dacchè piace a Dio che così sia. - Vi fu un tempo nella mia vita in cui mi parve animoso molto prendere in prestito a Nemesi i suoi flagelli e sferzare a sangue le ipocrisie finte, le superbie manifeste, le ignoranze invereconde, le mediocrità maligne. Guerra sembravami questa non senza molto pericolo, ma piena di gloria; imperciocchè io vedessi i percossi agglomerarsi, annerirsi, e dopo un fremito lungo prorompere in turbine procelloso: però io non temevo quel turbine, fidente nelle sorti della umanità. Adesso poi non ispero più nulla; niente altro desidero che uscire presto dal mondo, e aborro del pari la schiera degl'ingannati e quella degl'ingannatori:
     
      Ma del misero stato ove noi semoCondotte dalla vita altra serena,
      Un sol conforto, e della morte, avemo:
     
      io ripeto con le colombe del Petrarca. - Ma se in te la speranza ha fiore di verde, Dio te la mantenga florida, o Gualberto, e le mie parole vi passino sopra senza seccarla: vos rebus servate secundis. - Tu dammi la mano da capo, perdona la cicalata, e buona notte."
      Mi strinse la mano, e si allontanò fischiando un'aria del Barbiere di Siviglia.
      Il discorso di Ascanio mi aveva intronato il cervello: gli prorompeva improvviso dal cuore, ma senza ombra di empito, e diaccio così come la neve di gennaio. Io in quel momento non mi sentivo balía per ordinarlo e confutarlo, ma non mi sentivo neppure disposto a parteciparlo; mi pareva una grandine di paradossi, una eruzione di misantropia da opprimere, sì, non già da persuadere.


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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1847 pagine 469

   





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