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      Il signore Waltom, ch'era persona prestante molto, scese giù di letto, si gittò addosso una veste da camera, e comandò introducessero il tardo visitatore.
      Il Presidente entra. - Invitato con cenno a sedere recusa, e con sottile arguzia imitando i modi inglesi diceva:
      Signore, la vostra mano...
      Perchè?
      Giuratemi su l'onore vostro che non sarete per isvelare mai il mio nome nè quanto sono per dirvi.
      Il signore Waltom, meditato un poco, risponde risolutamente:
      Non posso.
      Perchè?
      Se fosse cosa che nuocesse al re, allo stato, a chiunque altro insomma, il mio dovere sarebbe palesarla.
      Oh no, riguarda voi solo, e consento ve ne possiate giovare: solo intendo che dobbiate tacere da qual parte vi viene.
      In questo caso parlate, e confidate sul mio onore.
      Bene! - Tenete presso di voi un giovane chiamato Guglielmo?
      Sì.
      In quale condizione?
      Cassiere di banco.
      La cassa vostra poneste in sua piena balía?
      Dapprima no: ogni sera aveva a rendermi il conto e le chiavi; sperimentata poi la bontà sua, oppresso dai negozi, trascurai questa diligenza, e di presente facciamo i conti una volta al mese: le chiavi ritiene sempre.
      Signore, duolmi annunziarvelo; voi siete tradito....
      Possibile!
      esclamò il mercante levandosi a mezzo da sedere...
      Uditemi. - Abito il terzo piano della casa ove tengono giuoco. Stasera per avventura mi venne fatto entrare là dentro, e con sorpresa ho visto il vostro cassiere giuocare, e perdere monti di ghinee;.... somme sicuramente superiori alla sua fortuna.
      Lo avete veduto voi?
      L'ho visto: ed informatomi s'egli avesse usanza praticare quel luogo, e se giuocasse sempre disperatamente in cotesta maniera, mi dissero da molte sere mandare a male tesori da fare ribrezzo.


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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1847 pagine 469

   





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