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      Se sì, io mi taccio, e do vinta la causa; se no, allora neanche il romanzo storico merita tanta accusa. Nè mi si apponga tra il poema epico e il romanzo correre divario grandissimo; imperciocchè questo potrebbe per avventura darsi in quanto alla dignità, ma non in quanto ai mezzi co' quali queste due composizioni vengono condotte. Il romanzo storico come procede nella sua composizione? prende per argomento un fatto pubblico o privato; anima i personaggi che vi partecipano, dà loro moto, affetti, linguaggio, sembianza, e perfino vesti, quali essi ebbero veramente o poterono avere verosimilmente. Oreste, Agamennone, Clitennestra e Medea, io voglio che mi sappiate dire se favellassero, operassero e si trovassero ai casi per lo appunto come gli antichi o i moderni tragedi immaginarono. Chi è che lo sa? Chi lo può sapere? Noi crediamo che cotesti personaggi, di cui ci sono note soltanto le vicende supreme, in cotesto modo ragionassero; noi crediamo i casi esposti che condussero alla catastrofe finale, che noi conosciamo unicamente, in tale o in tale altro modo avvenissero; e quella favella e quei casi noi crediamo in Sofocle, in Eschilo, in Euripide, in Seneca, quantunque in Voltaire, in Alfieri, in Niccolini, in Ventignano noi li troviamo diversi.
      Che se il romanziero entra nel regno della storia, come l'asino nei giuochi olimpici, scompigliando ogni cosa, la colpa è dello asino e non dell'arte.
      Che se il romanziero si perde in troppo lunghe e fastidiose descrizioni di sembianze, di vesti e di luoghi, anche questo fastidio si attribuisca al poco ingegno dello scrittore e non dell'arte.


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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1847 pagine 469

   





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