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      Rammentansi essi le immanità di Augusto, di Carlomagno, e di Pietro il Grande? Il manto imperiale di Napoleone ricuopre solamente splendidi gesti? Maometto Alì, uomo del quale sebbene la Europa stesse in aspettazione grandissima, e superiore alla forza e intelligenza sue, pure dimostrava intendere le ragioni degli stati e degli uomini assai argutamente, al principe Muskau, che confortavalo a dettare le Memorie della sua vita, quando con molto senno rispose: "Io nol farò, e desidero che altri nol faccia, perchè dovrebbero tacersi tutte quelle epoche della mia vita, che pure sono le più lunghe, nelle quali, debole e povero, mi era forza appigliarmi a non generosi partiti."
      Quanti uomini che fama hanno di grandi, come il Gigante delle tempeste di Camoens, dalla cintola in giù voglionsi lasciare immersi nell'abisso! Basta che tocchino il cielo col capo. Se male non mi sovviene, Esiodo immagina che i primitivi Dei derivassero dall'Erebo e dalla Notte. A Carlo, a Pietro, a Napoleone, e ad altri magni concessero i fati anni sufficienti e potenza a esporre nella massima parte, o intero, il concepito disegno. Nessuno poi è tra loro, che interrotto nei primordi della vita non avesse lasciato fama più trista di Cesare Borgia, a cui popoli benevolenti rimasero per lungo tempo fedeli, a cui fu traditore Consalvo chiamato il grande, a cui similmente fu amica la bella morte incontrata mentre combatteva da prode uomo in battaglia.
      Tito Livio nel nono delle Storie ci somministra esempio della seconda epoca, nella quale il destino dei popoli sembra pendere incerto tra la magnificenza e la ferocia.


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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1847 pagine 469

   





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