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      E la pena in breve tenne dietro alla colpa. Prostrata Sagunto, ecco i Cartaginesi si apparecchiano a invadere la Italia. I Romani pensosi per tanto turbine di guerra mandano ambasciatori in Cartagine, fra quali Q. Fabio, a provvedere alla salute della patria. Le blande proposte provocavano superbe risposte; dichiarata la guerra, gli ambasciatori si conducono nella Spagna allo scopo di tenere bene edificati quei popoli, le alleanze antiche confermare, procurarne delle nuove, dare ad intendere comune nemico essere i Cartaginesi, e come tale si unissero ai Romani per combatterlo. Furono da per tutto ributtati, e dai Seniori dei Volsci in ispecie alla presenza del senato così duramente ripresi: "Quale insania, quale impudenza sono elleno queste vostre, o Romani, che osiate richiederci, affinchè noi alla amicizia cartaginese preponiamo la vostra? Chi più si mostrò infesto ai Saguntini; i Cartaginesi, o voi altri? Costoro li sterminarono avversi, voi li tradiste benevoli. Andate, e fatevi a cercare alleati là dove non sia giunta notizia della saguntina strage."(68)
      Quindi Annibale scese in Italia, e quindi Ticino, e Trebbia, e Trasimeno, e Canne: - spaventevole espiazione!
      I Romani espiarono la colpa, e fecero senno. D'ora in poi, non che gli amici e i confederati sovvenissero, gli stessi popoli vinti con ogni maniera di blandizie tennero bene affetti; anzi conoscendo come sovente la ingiuria nell'onore, nella vanità aspreggi più il sangue, che quella fatta nelle sostanze, avendo avuto bisogno nell'ultima guerra punica, in difetto di uomini liberi, di schiavi, a istigazione di Tiberio Gracco mossero una legge con la quale ordinarono pena del capo contro qualunque rimproverasse loro la Servitù(69). Arti romane erano dettare leggi ai popoli(70). Romani esercizi vincere i superbi, e perdonare ai vinti.


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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1847 pagine 469

   





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