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      Sotto il basso rilievo si legge che la lapide copre una vergine colta da immaturo destino. Per quanto ne abbia mossa domanda, non mi è venuto fatto conoscere a cui la bella immagine appartenga. Chiunque ella si fosse, giuro che era un'anima bennata.
      Il bel costume, di tanto oggi apparisce pervertito, ch'è un dolore vederlo, una vergogna raccontarlo. Certa caterva di donne accompagna le povere creature al sepolcro, immemori dell'affanno amarissimo della madre che pur testè contemplavano nell'abbandonare la carne della sua carne, impassibili alle tracce del pianto che bagnano tuttavia le guance del defunto, con la testa levata, percotendo del piè la terra come le figlie di Sion, camminano senza por mente alle sacre preghiere, e si proverbiano con tali parole che io non le voglio dire. Di ritorno dall'ufficio solenne le udii prorompere in turpi canzoni, ed una volta le vidi mescersi tra la folla di una vicina taverna, e con la bara, col tappeto, il Cristo in mano... tripudiare in tresche, non so s'io debba dirmi o più nefande o più empie. A prezzo, è vero, accompagnarono le Prefiche antiche i defunti alla tomba; ma almeno fingevano il pianto: - chi mai vorrebbe comprare un oltraggio ai suoi morti? - Certo giorno, preso da vaghezza di seguitare una di queste associazioni, vidi deporre su la terra la bara, e mentre il sacerdote recitava la orazione per benedire il cadavere, venire le proterve a contesa pe' fiori che lo circondavano. Interrotte il buon sacerdote le preci, paternamente le ammonniva, badassero alla carità del prossimo, al timore di Dio.


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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1847 pagine 469

   





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