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      Dell'ispanica terra esser ti diceAbitatore. Or chi n'acquista, al vello
      Badi, agli atti, alle forme, onde non erriNella scelta il giudicio, e di non vera
      Ignobil razza adempia indi l'ovile.
      Tra le iberiche madri alto si estolleIl maschio, e nell'andar libero e pronto
      Par che ad arte misuri e studii il passo.
      Scuro e vivace ha l'occhio, oltre misuraLargo il capo e compresso, irte le orecchie,
      E giù ravvolte a spira ambe le corna:
      Denso ha il ciuffo elevato, e sime nari,
      Grossa cervice, e breve il collo e largo;
      Tra i rilevati muscoli si spandeLanoso il petto, in molto adipe avvolto,
      Tonda è la groppa, e molle si riposaSovra l'anca piegata agile e piena.
     
      La coltura di questa razza di pecore nobili, ove fu promossa con intelligenza e in proporzione del terreno, partecipò nuovo impulso alla rurale economia. Afferma Lorenzo Pignotti non essere gran fatto acconcia la Toscana nostra a questa coltura, perchè piena di colline, dove l'olio, il vino, il grano e le biade sono ottimamente coltivate; non offre pascoli necessari per nudrire il bestiame, e perchè le nostre migliori pecore producono 3 4 libbre di lana ordinaria, mentre le spagnuole e le inglesi producono 8 o 9 libbre di lana eccellente(93). La seconda di queste ragioni vien meno con la introduzione del Merino; la prima, comecchè in parte non vera, diverrà in breve falsa pei miglioramenti delle Maremme. Che se la coltura del Merino tanto è prosperata in Sassonia dove con travaglio e dispendio infiniti si conserva questo prodotto di regioni meridionali, quanto meglio potrebbe riuscire in Toscana, dove quasi sempre tepido è l'aere, e i giorni sereni!


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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1847 pagine 469

   





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