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      DISCORSO SETTIMO.
     
      LO INCENDIO DI UN PAGLIAIO.
     
      E se il mondo sapesse il cor ch'egli ebbe,
      . . . . . . . . . . . . . . . . .
      Assai lo loda, e più lo loderebbe.
      DANTE.
     
      Qualunque ornamento, sia pur quanto pensi leggiadro, tu ponga attorno alle Grazie ed alla Verità, non puoi far sì che in parte non le adombri; e poichè la principale loro bellezza consista appunto nel manifestarsi da ogni lato scoperte, l'antica sapienza ordinò che nude del tutto fossero rappresentate. Innamorati pertanto degli antichi concetti, nel referire un'azione generosa, che è la vaghissima delle Grazie dell'anime, noi lasceremo ogni importuna amplificazione alla vanità dei retori, tenendoci stretti alla ingenua esposizione del fatto.
      In questi ultimi mesi con inaudita frequenza sgomentarono gl'incendii rustici, non solo nel contado nostro di Livorno, ma ed anche per l'universa Toscana. I mobili cervelli del popolo, desiderosi d'investigarne la cagione, immaginavano da prima derivassero dalle ultime leggi proibitive intorno la caccia; se non che poi, osservando meglio, conobbero come gl'incendii accadessero più sovente nelle scarse facoltà della povera gente, la quale non aveva nè volere, nè mezzi d'impedire la mania di lanciare piombo alle nuvole, che nei vasti dominii dei signori potenti: onde costretti di farsi in traccia di un nuovo motivo, pensarono alle compagnie instituite per l'assicurazione del fuoco, e supposero che avessero promosso cotesti piccoli incendii, e per conseguire col timore un cumulo di premii che forse non avrebbero ottenuto colla ragione.


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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1847 pagine 469

   





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