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      Giotto pertanto fu come il sole della pittura, e Dio volle che le vagheggiate anime di Giotto e di Dante uscissero quasi figlie di un solo pensiero dalle mani di lui. Dante nacque poeta, e non fu superato in parte: Giotto sì, e in tutto. Donde la differenza? Forse perchè le passioni, argomento principalissimo di poesia, per trapassare di tempo non mutano, e quelle desse che si svegliarono dentro la culla del primo uomo si addormenteranno con l'ultimo nella sua tomba. Inoltre, lo eloquio col procedere degli anni acquista lindura, non già veemenza nè efficacia, per le cui ultime qualità fino dal suo nascere apparisce ammirando. La pittura poi, come quella che consiste meglio nella imitazione degli oggetti esterni, che nella significazione del sentimento intimo, ha bisogno di lunghe esperienze, si avvantaggia delle quotidiane osservazioni, quella di oggi aggiunge all'altra di domani, lasciando così un retaggio di progresso agli studiosi.
      E nonostante mi parve che a mansuefare gli animi feroci, l'arte di Giotto contribuisse più assai della poesia dell'Alighieri; nè per pensarvi che vi abbia fatto sopra, io seppi fino a questo momento mutare consiglio. Non è vaghezza di antitesi quella che mi persuade a giudicare così, nè studio di contrasti; ed io propongo al lettore i miei pensieri come programmi di sperimenti da farsi, piuttosto che come dogmi da rispettare. Ora a me sembra che il poeta commuova potentemente per via delle passioni, le quali, comecchè a lui proprie, pure riflettono nella massima parte per necessità quelle dei suoi contemporanei.


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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1847 pagine 469

   





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