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      Chiunque si faccia a considerare attentamente questo dipinto non ridotto a perfezione, noterà due cose che paiono ereditate dal paganesimo. Ingegni posteriori al Masaccio, e più potenti di lui, non seppero affrancare l'arte dalle tradizioni dei Gentili: colpa non loro e neppure colpa dei primi padri del Cristianesimo, ma sottile consiglio che li rese inchinevoli ad assorbire, anzichè combattere con troppa fatica, quanto della religione antica poteva conciliarsi con la nuova: contenti del principio, poco curavano la forma, ed all'opposto abbracciandola se ne avvantaggiavano; nè arguti com'erano, potevano non avvertire gli uomini attenersi più tenaci alla forma, come quella che riesce a tutti sensibile, che alla sostanza intesa da pochi; e la forma e i riti esterni più che non si pensa stanno congiunti co' temperamenti degli uomini e con le condizioni dei paesi e dei climi: così dove la primavera fiorisce tepida e lieta, e il cielo sereno si volge con le sue splendide curve sopra i campi, la religione proromperà sempre fuori dei templi mescolando timiami e cantici agli odori e alle armonie che emanano dalla natura. Questa considerazione spiega ancora la causa dell'architettura delle chiese, rimasta per la massima parte fra noi di stile greco o romano; del tutto gotica, o con quale altro nome più acconcio si abbia a chiamare, nelle frigide regioni.
      Delle due cose a considerarsi notabili, la prima consiste nelle tre figure aggruppate una sopra dell'altra, nel modo stesso che i Gentili costumavano fare nelle statue di Erme od Ermete, poste sopra i crocicchi delle vie.


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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1847 pagine 469

   





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