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      Celebravasi in chiesa una molto solenne festa, e laggiù nelle parti di mezzogiorno la gente più che altrove s'innamora in chiesa. Quivi i voluttuosi, che non sanno sollevare in alto gl'intimi pensieri, gli abbassano sopra cose terrene; e quivi gl'innocenti spiriti, voluttuosi anch'essi, senza accorgersene, mal sapendo in qual modo svelare l'arcano fremito che li commuove, scoprono che quel fremito si posa sopra enti che si manifestano sensibili alla lor gioia. La musica, i profumi, i dipinti, il benigno crocifisso, le mistiche cerimonie, i parati, le bianche vesti delle donne, le voci dei fanciulli, i candelabri, simboli dei ministri serafici, ardenti attorno l'altare di Dio, la confusione di tutti i sessi, di tutte l'età, le navate echeggianti, le ombre delle colonne e delle volte, la luce che penetra attraverso le alte finestre, quasi la terra fosse e non fosse ad un punto presente, - tutto cospira a confondere il mondo attuale coll'avvenire, e porre il cuore dubitoso in certo stato di sublimità e di umilianza, che prontissimo si manifesta a corrispondere di affetto con quanto vale a serbargli alcuna cosa di queste sensazioni, e confortarlo della tristezza della vita ordinaria. In chiesa fu che Boccaccio (non già Boccaccio lascivo, mezzo inteso soltanto da chi ha mezzo senno), ma Boccaccio il futuro dipintor del Falcone e del Testo di basilico, vagheggiò in prima la lieta sembianza della sua Fiammetta. In chiesa sentì Petrarca cadersi su l'anima l'ombra che offuscò poi per venti anni continui la sua vita mortale.


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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1847 pagine 469

   





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