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      Fallo universale dei popoli fu sempre l'odiarsi, non l'amarsi; e se la nimistà e l'amore fossero un po' diversamente praticati da quello che facciamo noi, non occorrerebbero forse amanti meno innocenti, nè più burlevoli nimicizie. Dopo il pasto essendosi gli ospiti dispersi chi qua chi là, per dormire, la Dianora accompagnata dalla zia Veronica s'incontrò compresa di stupore nella medesima stanza con Ippolito, e in meno che volgono cinque minuti uno volse il capo da una parte, e la donzella dall'altra, - e questi tolse in mano un libro, e lo posò; quella si pose a guardare fuori della finestra, - ed ambedue arrossirono, e poi divennero bianchi, - e il gentiluomo si aggiustò il collare, e la gentil donzella le maniche; e le vecchie ristrettesi a bisbigliare in un canto della stanza di lì a poco li lasciarono soli. La vergine si mosse per seguirle, il giovine susurrò alcune parole che ella non intese, e che pure valsero a trattenerla, farle impallidire il volto, e correre alla finestra senza osare di guardarlo. Ippolito tentava accostarsele, e non poteva, e maravigliava del come fosse svanita la sua feroce impazienza; senonchè adesso ogni dimora riputava, ed era, piena di delizie. O letizia di questi momenti! O aurora soave di queste sensazioni! O dubbi non più dubbiosi! O speranza diventata certezza! O memoria che all'aspetto del giovane leggiadro, e della ritrosa verginella, mi ricordi la passata gioventù! O ore, perchè essendo voi cosa divina, non ci rendete immortali! Perchè non siamo rapiti in parte dove non possiamo venir meno, lasciando i mortali a dire di noi: - si amarono, e furono assunti al paradiso!


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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1847 pagine 469

   





Dianora Veronica Ippolito