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      Madonna Lucrezia se ne tornò a casa per confortare la giovane, e sopprimere le importune ricerche, mentre la comare Veronica si rimase chiusa nelle sue stanze, troppo ammalata per ricevere visite, alternando preghiere al Santo Protettore, e buoni sorsi di vino di Montepulciano.
      La scostumata gioventù di quei tempi pur troppo rendeva probabile la confessione d'Ippolito. Inoltre, lo avevano veduto pochi giorni innanzi privato affatto di danari. Si susurrava ch'egli usasse spessissimo con bari ed altra gente di mal affare; - e suo padre era avaro. Finalmente non passò inosservato il sospirare che fece in chiesa; e il magistrato, che parteggiava pei Bardi, concluse lui essere più reo di quello che per avventura apparisse.
      Ippolito, come uomo abbandonato, aspettava la sentenza; e immaginando che lo avrebbero bandito, volgeva in mente certi suoi ingegni per rivedere l'amata donzella, allorchè la condanna di morte gli cadde sopra come una folgore. La cagione della rigida sentenza appariva manifesta ad ogni uomo, imperciocchè in quei giorni la fazione dei Bardi prevalesse, e la città mal condotta dalle civili discordie amava starsene in pace. La compassione che la gente sentiva pel caso d'Ippolito, molto si aumentava per l'affanno che il giovane non sapeva raffrenare; e: "Dio! Dio!" esclamava, "dovrò morire in così fresca età? E non vedrò più mai, - più mai contemplerò la luce, e Firenze, e i dolci compagni?" E si avviliva a pietosissimi scongiuri onde esser salvo, - però che pensasse alla sua bella Dianora.


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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1847 pagine 469

   





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