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      Basta, andiamo a vedere: moglie, dammi il kaftano. -
      Or dov'è il morto?
      Eccolo là, babbo, eccolo là...
      Ed invero sopra la spiaggia ove sta distesa la rete umida un morto giace per l'arena; disformato tutto, e gonfio in molto orribile maniera quel corpo apparisce in gran parte turchino. - Chi sarà mai? Uno sciagurato che per disperazione abbia mandato male la sua anima colpevole, o un pescatore sopraffatto dai marosi, o un improvvido mercadante spogliato dai ladri? - E tutto questo che cosa importa allo schiavo? Egli non ne prende cura; - solo guarda dintorno se alcuno l'osserva, e senza perdere un momento l'afferra pei piedi e lo rigetta nel mare; e poichè il cadavere galleggiante torna del continuo verso la ripida spiaggia, egli lo respinge col remo finchè non lo ha cacciato nel filo della corrente per andarsene altrove a trovare in luogo più caritatevole e più santo una tomba e una croce!
      Per lungo tempo ancora il morto apparisce sopra le acque: per lungo tempo ancora lo schiavo sbigottito di vederlo agitare come un vivo lo seguita con gli occhi: alla fine egli riprende il cammino della Isba.
      Andiancene via, cani,
      disse ai figliuoli; "seguitatemi: se saprete tacere intorno al caso, io vi prometto un kalatach; ma se lasciate sfuggirvi una parola, io vi busserò di santa ragione."
      Declinando il giorno il tempo si messe alla burrasca, e il mare rotolò grossissimi cavalloni, siccome avviene quando la tempesta è imminente. La tutchina nella capanna affumicata dello schiavo prossima a consumarsi tramanda pallida luce.


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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1847 pagine 469

   





Isba