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      Magnanimo mi credo; or veggo a provaChe tu vinci d'assai. Regale stato
      Non ho da offrire, e tu nol speri, a Bianca;
      Ma un viver mite, quale ad uom privatoConviene e a cittadino.
      GualfrediA me di farle
      Stato la cura lascia; - in ciņ lo ingegnoAdoprerņ e la spada.
      LemmoOh! dunque il tempo
      A pił mite consiglio non ti volse? -
      Perchč di Dio la creatura intendiContristar nel servaggio? - A che mai questa
      Tra le nequizie dell'uomo infiniteUltima, e la pił cruda? - In ben ti torna? -
      Sale il tiranno e muore, e le insultantiStrida, e il riso feroce dell'oppresso
      Lo disperano al letto della morte:
      Suo scettro č fuoco che la man che il serraArde, dannata per giudicio eterno
      Alla viltą di non lasciarlo. Il giornoTemi delle vendette. Iddio soverchia
      Chi sta sopra la legge, e la tremendaIra di pazienza offesa.
      GualfrediOnesta
      Č tua ragione, come di uom che i casiDella vita, raccolto entro sua cella,
      Specola. - Ma cosa č questo vantatoViver libero che serbar non sanno
      Omai, nč ponno? - A chi la coglie č gemmaPer via gittata; ed io che possa assembro,
      E senno deggio far che in man non cadaDi chi in mal la converta. Di Dio poi
      Nč io, nč tu sappiamo nulla; e spemeCh'ei non abbia mal grado invece accolgo
      Di surrogare un vivere civileA sanguinente libertą. - La spada.
      Io tel ridico, a ogni altro basta.
      LemmoSali
      Tu dunque; - opprimi, e sali. - Io per me, quandoLa fiumana trabocca e mena in volta
      Dei tapini la vita, ed a frenarlaNon valgo, sto sopra la riva e piango,
      Nč sulla libra dell'ira di Dio
      Dei miei delitti pongo il peso.


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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1847 pagine 469

   





Bianca Dio Dio Dio