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      Io conto, e narro quando me ne piglia l'estro, disse Orazio riponendosi a giacere sopra il letto di foglie: - voi poi, soggiunse poco dopo, se non sapete logorare meglio o peggio il vostro tempo, fischiate.
      Ma il giovanetto, che soleva cantare le canzoni composte da Orazio, gli si pose accanto; mise le mani incrociate sopra la sinistra spalla di quello, e sopra le mani appoggiò la guancia; poi levando dolcemente gli occhi, così prese piuttosto a mormorare, che a dire:
      Racconta, mio buono Orazio, racconta. Dio ti ha creato apposta per raccontare, come il rosignolo per cantare. - Orazio, in dieci colpi di archibugio tu ne sbagli due; ma le tue storie valgono anche meglio dei tuoi tiri. Orazio, tu sai condurre una imboscata come il Cavaliere dei Pelliccioni1; ma più hai talento per esporre un racconto. Tu sai tutto; tu ti sei trovato a tutto. Io penso, che tu ti fossi presente quando Dio appiccò in mezzo al cielo il gran lampione del Sole; tu devi avere insegnato a Noè a pigiare l'uva; e se non portasti mattoni alla torre di Babele ha da essere caso. Se non sapessi che tu sei carne battezzata, io ti crederei quel cane di giudeo che negò a Cristo di riposare all'ombra della sua casa, onde ei ne va condannato a ramingare pel mondo fino alla consumazione dei secoli. Se il Papa ci offrisse una coppia dei suoi cardinali in cambio di te, noi gli diremmo: - Santo Padre, tienti i tuoi cardinali, e lasciaci il nostro Orazio. - Veda un poco papa Clemente se possiede in corte un fiore di lingua come sei tu: forse il Baronio, che scrive storie da far dormire ritti?


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La vendetta paterna - Lettere inedite - Predica del venerdì santo
di Francesco Domenico Guerrazzi
Perino Editore Roma
1888 pagine 162

   





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