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      Quando poi di ducati andava piena ogni cosa, e del forziere già si vedeva il fondo, tocco da raccapriccio, don Marcantonio sentiva cascarsi il cuore, gli pareva avere commesso sacrilegio; onde mutati ad un tratto intento e voglie, con mano paralitica si dava a raccogliere la sparsa moneta camminando su le ginocchia per ogni parte del pavimento, e in cotesta attitudine bestiale così andava in suono pietoso lamentandosi:
      Ahi finalmente vi prende ribrezzo della ingratitudine vostra... voi piangete... Cessate le lacrime, in nome di Dio, o che il cuore mi si spezza: tiriamo un frego su gli errori passati: punto, e da capo: voi sapete che non posso fare a meno, ch'io vi ami... tremendamente io vi ami. Tornate tornate, figliuoli prodighi, a casa vostra; - tornate nelle braccia del padre; oggi bandiremo festa solenne, ammazzeremo la vitella grassa... Ma i fratelli pretendono le loro pensioni...? Che pensioni, e non pensioni? Quale hanno diritto costoro di strapparmi il cuore? E gli operai, e i creditori, e le loro famiglie come faranno a vivere se tu non paghi i tuoi debiti? E dov'è la necessità, che tutti cotesti uomini campino? Crepino cento volte prima ch'io mi separi dal mio dio, dal mio tutto.
      Intanto aveva riposto, e chiuso come prima i ducati nel forziere. Allora, asciugatisi il sudore e la polvere dalla fronte, guardava con occhi stralunati il forziere, e in suono cupo di voce aggiungeva:
      Mi hanno prima a scorticare vivo da capo a piedi, che tormi di sotto il più piccolo baiocco.


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La vendetta paterna - Lettere inedite - Predica del venerdì santo
di Francesco Domenico Guerrazzi
Perino Editore Roma
1888 pagine 162

   





Marcantonio Dio