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      Richiesto a Livorno di prova: per mettere il mio nome sul ruolo degli elettori, rifiutai; commisi al signor Mangini, e agli amici, astenersi da qualunque pratica per me. Anche pochi giorni fa il signor Romanelli, nel presagio di una renunzia alla deputazione di Arezzo, me la offeriva, ed io la renunziai. Non ho bisogno di deputazioni, nè di partiti; ho chiesto un po' di amore, e di essere restituito in patria senza trovare sulla soglia la infame sentenza, e la più infame amnistia. - Se alla giustizia dei miei concittadini pare troppo, io durerò in esilio. Forse un giorno mi loderanno di non essermi lasciato avvilire, ed esalteranno quanto ora deprimono.
     
     
     
      A Ersilia Bertelli17
     
      Cariss.a signora Ersilia
     
      Rispondendo a lei rispondo all'amico Ferdinando. Io non mi guasto per così poco con le persone, che amo, e che mi hanno fatto del bene. - È costume dei signori, che ora obbedite, perseguitare a morte chi non partecipa la loro opinione; non mio: quando non ci possiamo intendere su materie politiche, non se ne discorre più, e rimangono inalterati gli affetti, gli uffici, e i termini di buona amicizia. D'altronde, se mi commossi un poco fu davvero per le nuove che Ferdinando mi fece la gentilezza mandarmi; anzi sarei veramente obbligato se me le rinnovasse; bensì m'increbbe l'approvazione, che in certo qual modo pareva che il Babbo dèsse a coteste grullerie; egli che vide quale strazio di me si facesse, e sa se lo meritai, e conosce quanto furono e sono crudeli, e superbi, i miei carnefici, come poteva consigliarmi a tornare, farmi piccino, piaggiare il Governo ecc.


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La vendetta paterna - Lettere inedite - Predica del venerdì santo
di Francesco Domenico Guerrazzi
Perino Editore Roma
1888 pagine 162

   





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