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      Quanto a Scipione Ammirato, il quale dichiara il Burlamacco ignobile, ma nel numero degli artefici che governavano Lucca(5), ed a Giovambattista Adriani, che a sua posta lo ciurma artefice, come per ordinario i Lucchesi sono(6), si capisce la ragia: entrambi(7) aggreppiati alla medicea mangiatoia, entrambi nudriti di principesca profenda, dettavano quello che secondo il giudizio loro doveva piacere ai padroni; ma non si capisce come Carlo Botta dopo tre secoli ribadisca il chiodo quasi a sollazzo replicando ora che artefice era di suo stato, ma secondo la usanza della repubblica capace di sedere ai governi, ora che sebbene nato in basso loco, pure aveva sortito da natura ingegno idoneo alle imprese eccellenti, in ultimo che, comunque in opere manuali di continuo si occupasse, pure ritraesse maraviglioso diletto dalle antiche storie(8). Forse il Botta, a cui le rivoluzioni mettevano i brividi addosso, non volle divulgare lo scandolo, che in cosiffatte enormezze si contaminassero i patrizi, i quali, a quanto pare, formavano argomento di ogni sua sollecitudine, sebbene talora anco questi pigli a morsi. Certo spositore di fatti assai commendevole hassi a stimare il Botta, della favella nostro cultore felice, ma brontolone senza concetto; onde alla fine la lettura de' suoi scritti genera fastidio, imperciocchè le storie si dettino per testimonio dei tempi e per l'ammaestramento degli uomini, non già per isfogare le proprie smanie, siccome costumano quelli che sono côlti del mal di colica.


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Vita di Francesco Burlamacchi
di Francesco Domenico Guerrazzi
Casa Editrice Italiana Milano
1868 pagine 355

   





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