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      Il paese più atto a ciò compariva certamente la Italia. Qui unico vincolo di unione fra gli stati nuocere altrui: se taluno accennava levare il capo sopra gli altri, tutti addosso: a cotesti tempi Dio ci voleva male davvero; lo ingegno si adoperava dagli stati a ordire sottili insidie in detrimento scambievole, le forze per affliggersi a vicenda; uno prevalendo su l'altro, non seppe comporre una forte monarchia, ovvero, deposto ogni concetto di primato, costituire una lega capace di opporsi con profitto ad ogni invasione straniera: ci volea poco a prognosticare che questo mosaico di frammenti non legati insieme, anzi discordi, ad ogni più leggiero urto sariasi scomposto; nè questo ignoravano i Francesi, i quali però, chiamati o no, io credo che sarebbero calati dall'Alpi; il consiglio perverso dello Sforza accelerò forse e agevolò la impresa, ma la sua origine hassi a derivare dalla necessità delle cose: e la Francia di certo avrebbe vinto, nonostante il precipitoso retrogradare di Carlo VIII, il quale non ha paragone che con la ruina del suo spingersi innanzi, se frattanto non sorgeva una potenza la quale non pure valse a tenerla in cervello, ma più volte la ridusse a un pelo di andare sbrizzata come tazza di porcellana caduta per terra.
      Questa potenza è la Spagna; divisa in più regni, lacerata dalle fazioni, re in guerra fra loro, baroni in guerra contro i re e contro il popolo; popolo combattente contro tutti; Saracini in casa ormai radicati; occupanti le più belle provincie che essi felicitavano con le arti, co' commerci, con la cultura ed anco co' costumi ad un punto eroici e gentili: pareva non solo strano, ma impossibile che in simili condizioni la Spagna mai si conducesse a formarsi in istato grande: e tuttavia fortuna e senno operarono siffatto portento nel giro di pochi anni.


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Vita di Francesco Burlamacchi
di Francesco Domenico Guerrazzi
Casa Editrice Italiana Milano
1868 pagine 355

   





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