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      La repubblica di Firenze certo non andò immune da errori e nè da colpe, ma fu sola a sostenere la causa della democrazia: nella mirabile impresa contro lo impero e il papato, doppia ancora gittata nello inferno, onde la tirannide mantiensi a galla sopra la terra, veruno la sovvenne, molti le nocquero, e primi fra tutti i Francesi, i quali dopo averla tradita la irrisero: allora, come sempre, tirati dallo interesse presente, non calse loro nè di onore nè di fede, anzi neppure del proprio interesse di prossimo avvenire: rinfacciati, inferocirono nella ingiustizia fino ad impedire che i mercanti fiorentini di Lione le inviassero soccorsi di pecunia; potè sguizzare fuori di Francia con qualche scudo italiano Luigi Alamanni, ed indarno, perchè quello che non seppero fare i Francesi, Andrea Borialo seppe, fermando Luigi su quel di Genova, togliendogli di ire più oltre. Siena si professava imperiale, e Lucca altresì, onde esse in sè atrocemente chiudevansi non dubitando neppure che, prevalsi in Italia lo impero o il regno di Spagna, imperatore o re sariensi scosso dal manto coteste repubbliche come due insetti schifosi sofferti per cessata mondizie. Firenze giacque non tanto per virtù di forza nemica quanto per iscoramento della sua solitudine; molto sangue ella sparse su i campi di battaglia, e molto ne andò sperperando nello esilio, ma il peggiore guaio le venne dal rappigliarsi che fece quello che rimase in patria: la più parte dei cittadini si accartocciò sprofondandosi nelle cure di famiglia e nelle industrie private; in taluno l'amore di libertà, pigliata indole religiosa, diventò di operoso contemplativo, scapitando di limpidità intellettuale quanto acquistava di cupezza fanatica.


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Vita di Francesco Burlamacchi
di Francesco Domenico Guerrazzi
Casa Editrice Italiana Milano
1868 pagine 355

   





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