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      In questa stracchezza universale che per difetto di meglio chiamavano pace, don Giovanni venne in pensiero di farsi signore di Siena, e, sinceri o no, lo spalleggiarono i nove a patto di opprimere con lui gli altri monti; di qui la cresciuta insolenza dei nove massime giovani, cui pareva grandigia conculcare i popolani tantochè uno di loro certo Ottaviano Tondi freddò di una coltellata un plebeo vocato il Bianchino; il popolo di subito saltò in piazza urlando: Ammazza! ammazza! e rincorse l'omicida, il quale con la lingua fuori ripara nella chiesa di S. Agostino e poi si nasconde in certe caverne dove non fu possibile trovarlo. I noveschi, atterriti dal nuovo pericolo, si strinsero insieme in forte ed ordinata schiera: onde i popoleschi, considerando che per allora ci era caso da andarne per le rotte, si ritirarono a casa pur mordendosi il dito. Ma i nugoloni abbuiavano il cielo, ed era facile giudicare la procella vicina; onde i noveschi si affaticavano a tutto uomo ad afforzarsi, e sottomano don Giovanni gli aiutava con ogni sua possa; poi, per parere imparziale, avvisava i popoleschi a non lasciarsi cogliere alla sprovista, ed in pubblico increpava ambedue; girandole da furbi gaglioffi per le quali i pretesi uomini di stato arieggiano Bertoldo quando si nascondeva dietro un vaglio; i popolari lo irridevano e si apparecchiavano di cuore ad ingaggiare la suprema battaglia; la plebe stava co' popoleschi inferocita dallo avere un bel mattino trovati appesi agli usci delle botteghe loro mazzi di capestri, e le fu detto in minaccia della sorte serbatole dove mai prevalessero i noveschi: certo è bene che parecchi affermavamo, e non senza verosimiglianza grandissima, cotesto tiro movere dai popoleschi; ma, considerando che il procedere in cotesta maniera si adattava meglio ai costumi ed agli interessi dei noveschi, così i noveschi senz'altro incolparono; avvertenza questa della fallacia dello argomento di sospettare colpevole del reato quello a cui giova; in siffatta disposizione di animi basta una favilla a suscitare lo incendio, e la favilla non manca mai; adesso furono le nozze, che belle e magnifiche ammaniva don Giovanni per certa sua figliuola la quale andava sposa ad un barone napoletano: ci si dovevano fare giostre e torneamenti, epperò ordinarono una spianata davanti la casa di don Giovanni; la quale opera considerando i popoleschi, presero a mulinare si stesse costruendo un bastione per impedire loro la entrata nella contrada del Pantaneto, sospetto cresciuto da vedere come i noveschi si fossero fatti forti nella casa di un Mancino dei Tommasi, quasi serrame a impedire che il popolo trascorresse per la Costarella e luogo acconcio così per soccorrere gli amici, che dal Terzo della città intendessero passare per Camollia, come per essere sovvenuti da loro: per altra parte i noveschi, avendosi a nominare in cotesti giorni il capitano del popolo, tenevano per sicuro uscirebbe uno della propria fazione, mentre all'opposto rimase eletto Giovambattista Umidi popolesco: di ciò n'ebbero maraviglia e spavento; quindi da ambe le parti non pure voglia ma necessità di venire a mezzo ferro.


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Vita di Francesco Burlamacchi
di Francesco Domenico Guerrazzi
Casa Editrice Italiana Milano
1868 pagine 355

   





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