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      Il defunto con esequie spontanee onorarono; i principali operatori della strage di lui decapitarono; e la storia con dolore registra complice del misfatto un Giovanni Burlamacchi, anch'egli dei maggiori di Francesco, e però condannato a carcere perpetuo. Da ora in poi solertissima la vigilanza dei custodi della libertà: onde il doppio tentativo di Ladislao Guinigi figlio di Paolo per sorprendere Lucca riuscito a vuoto; del pari scopersero la congiura di Michele Guerrucci, il quale, comunque anziano si fosse, rifuggì legarsi con uomini di piccolo affare per sovvertire lo stato in mezzo alla solennità di santa Croce; condannato nel capo, ottenne grazia per intercessione del duca di Milano a patto che si riscattasse con diecimila fiorini d'oro da pagarsi in due rate; arrivata la scadenza della prima, non pagata la moneta, pagò col capo: di ciò sendosi dolto il duca di Milano, come quello a cui parve non si avesse avuto debito riguardo, i Lucchesi mandarono oratori per iscusarsi; se ne sarebbero astenuti un'altra volta, per cotesta ormai non ci era più rimedio.
      Per ischermirsi da tante e siffatte insidie, a questi tempi venne fuori la legge detta del discolato, da taluni come ottima difesa, da altri come pessima lacerata: su la quale è da avvertirsi che necessità non ha legge e che per insulso culto della libertà non si devono lasciare le mani libere, e peggio poi armarle, ai nemici di lei perchè la trucidino: la questione sta nell'adoperare i partiti straordinari lealmente in pro' del vivere libero, e tanto si ottiene quando lo stato si governa davvero a libertà; in caso diverso tu somministri i flagelli per isferzare i buoni a vantaggio de' rei: a questo modo avvenne nel nostro regno d'Italia due volte, perchè nè retti nè reggitori amano, sanno o vogliono la libertà: di libertà a noi le veci e il sembiante, ai figli nostri la sostanza.


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Vita di Francesco Burlamacchi
di Francesco Domenico Guerrazzi
Casa Editrice Italiana Milano
1868 pagine 355

   





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