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      Usciti costoro, si adunava la pratica, dove il vice-gonfaloniere Parpaglioni orando fervidamente conchiudeva si procedesse rigidissimi contro i rei tutti, il perdono concesso ai quattro come estorto dal timore si revocasse. I padri in parte accolsero la proposta, in parte no; i non perdonati si giudicassero, i perdonati lasciassersi stare, ciò persuadere la fama della Repubblica, austera mantenitrice della data fede. In guisa del tutto contraria a questa praticò la Repubblica di Genova co' Fieschi a istanza di Andrea Doria, ma Andrea troppo più prepoteva del Parpaglioni sopra la volontà dei cittadini; e poichè noi biasimammo cotesto atto, volentieri loderemmo questo altro, ma in coscienza non possiamo, imperciocchè dubitiamo forte che i padri a tale si conducessero per non parere vili volendo dare ad intendere che fosse da loro conceduto il perdono con libertà di consiglio; e poi se una volta data si doveva osservare la fede, giustizia di magistrato e costanza di cittadino persuadevano a non impegnarla mai senza causa degna: ancora, non ci riesce accozzare siffatta clemenza verso gli operatori della strage con la ferocia dimostrata contro i compiici loro, dei quali nove mandarono al supplizio, e sette erano dei Poggi; tra i giustiziati andò quello Stefano di Poggio che i padri commossi dalla troppa improntitudine dei faziosi rifiutarono gonfaloniere. I di Poggio continuarono ad agitarsi un pezzo, ma i moti loro erano di coda di lucertola separata dal corpo uno più languido dell'altro; alla fine quetarono.


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Vita di Francesco Burlamacchi
di Francesco Domenico Guerrazzi
Casa Editrice Italiana Milano
1868 pagine 355

   





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