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      La plebe gridava: Adesso è tempo di pigliarsene una satolla; terribili gli urli: Sangue! fuoco! ma più terribile assai ciò che tacevano, ed era: Arraffare. Ma a Dio non piacque che in cotesto giorno andasse Lucca in ruina; la plebe, non tutta ladra, si divise; e siccome ambedue le parti in mezzo all'ira tanto senno serbarono da conoscere che, per poco si accapigliassero fra loro i nobili, gli avrebbero di leggeri oppressi, ristettero prevalendo i consigli men rei; però, rinfocolati i sospetti, la plebe volle si bandissero alcuni cittadini invisi, e lo furono; volle si spedissero commissari a Camaiore che per cosa al mondo non movessero senza comandamento del gonfaloniere e degli anziani, e ne furono mandati tre, Cenami, Massei e Tirti; vollero si licenziasse il Pieroni capitano di Camaiore, e fu cassato; e, ciò che parve allora enormissimo, vollero che le chiavi della città ogni sera si presentassero in palazzo, quivi dentro una cassa ferrata si riponessero e con due chiavi si chiudessero, di cui l'una terrebbe il gonfaloniere, l'altra il popolano Granucci; ancora, i giovani di scarriera ordinarono alla meglio e loro commisero la custodia delle porte col salario di quattro e più scudi al mese: fidatissima guardia se altra fu mai, imperciocchè se veniva a cessare il governo che vigilavano, finiva la cuccagna; qualcheduno poteva tradire, ma non pareva facile però che fra di loro si guardassero, ed a corromperli tutti ci voleva troppo. Procedendo le faccende in questa maniera, ogni giorno più si coloriva il danno del diuturno disordine, il quale principalmente pativano coloro che lo avevano soprattutti o desiderato o promosso; dacchè i nobili, mano a mano spandendosi per le campagne, attendevano a lavorare e a difendere le terre, e questo facevano, e bene, non così i mercanti, che ormai come trarre profitto dai propri capitali non sapevano, e non era il peggio, il


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Vita di Francesco Burlamacchi
di Francesco Domenico Guerrazzi
Casa Editrice Italiana Milano
1868 pagine 355

   





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