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      Avevano ottenuto molto, ma pel giorno della festa della Libertà confidarono di comporre ogni screzio in modo permanente; e questo dì venne: che razza di libertà fosse quella dei Lucchesi e quanta causa avessero di rallegrarsene già vedemmo, ma per ordinario la gente si contenta di poco. Per quel giorno dunque fu ordinata(27) la processione consueta, ma più solenne degli anni passati, dove si portò attorno lo stendardo della Libertà tutto inorato ch'era una maraviglia a vederlo; lo seguivano il senato, i dottori, i cavalieri e dopo gli artieri e per ultimo il popolo in bella ordinanza. Dopo avere girato un pezzo, convennero in duomo, e colà un canonico, il quale non si sapeva bene se più sentisse di dottrina ovvero di santità, ma sentiva forte di ambedue, sciorinò una orazione con la quale dimostrava espresso che la libertà senza pace non si può dare, e pace senza libertà si può dare anco meno; poi, agguantato un Crocifisso con due mani, cominciò a trinciare benedizioni che pigliavano un miglio di paese; venne dopo la messa tra suoni e canti mirabili, e finalmente l'ora del desinare, sicchè la processione uscì dalla chiesa lieta e contenta che ogni cosa fosse riuscita a così desiderabile fine. Ma il demonio non si diede per vinto, chè anco una volta s'ingegnò di ficcarci la coda: onde accadde che, essendo uscite di chiesa le prime regole dei frati, a Giannino di Castelnuovo venisse fatto di vedere un Paolo Antongioli di Camaiore vocato lo Imbroglia, nè si potendo tenere, gli corse addosso con l'arme ignuda gridando: "Ecco uno dei traditori chiamati per mandarci alle coltella.


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Vita di Francesco Burlamacchi
di Francesco Domenico Guerrazzi
Casa Editrice Italiana Milano
1868 pagine 355

   





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