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      Sì, no, e in fondo ai discorsi brevi un lungo rompersi di ossa con pugni e con legni; vinse il partito degli assalitori, i quali per assicurarsi la vittoria andarono a pigliare le artiglierie del palazzo; la forza non valse a trattenerli, meno poi le parole; questi pezzi di cannone trainati a braccia tu vedevi qua e là roteare a mo' di paglie: se non che i Buonvisi non erano gente da lasciarsi cogliere alla sprovvista, anzi avevano fortificato mirabilmente il palazzo e riempitolo di molti uomini fidatissimi ed esperti nelle armi. La plebe, visto il palazzo irto di archibusi sporgenti dalle feritoie, fece come il cane intorno all'istrice, lo girò e rigirò e all'ultimo digrignando i denti andò pe' fatti suoi. Tuttavia, venuta la notte, i Buonvisi, persuasi di cedere al tempo, per amore che la città non s'insanguinasse si scansarono a Monte San Quilico, luogo quasimente su le porte della città.
      Essendo impertanto risoluti gli anziani di dar fine ai disordini con qualunque partito, fosse pure insolito e straordinario, intimarono un'assemblea di capi di famiglia dei chiamati o no a formare parte del governo, e perfino preti, per trattare della salute della patria; sommarono i convenuti a 1500, a cui il gonfaloniere rivolto espose: "Non essere giammai corso tempo più calamitoso del presente nè mai la città avere avuto tanto bisogno come ora del consiglio e del soccorso di tutti i cittadini; però invocassero, prima di favellare, Dio, siccome faceva egli esclamando: Domine, labia mea aperies.


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Vita di Francesco Burlamacchi
di Francesco Domenico Guerrazzi
Casa Editrice Italiana Milano
1868 pagine 355

   





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